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domenica 29 aprile 2012


L’espulsione dei gipsy dalla Francia fu un fallimento, 
impariamo dai cugini





Perché parlare degli extracomunitari proprio adesso? Uno dei principali problemi di Catania (ma anche di molte altre città italiane) è l'invasione di extracomunitari, provenienti in particolar modo dai Paesi indo/orientali. Negli ultimi anni, le recenti news di cronaca hanno raccontato la storia di migliaia di persone deportate clandestinamente, su barconi al limite del carico, trasportati oltre il Canale di Sicilia sulle nostre coste, per poi risalire lentamente tutta la penisola. Perché? Nelle loro regioni di provenienza la povertà supera livelli mai visti in Occidente e l'Europa rappresenta, oggigiorno, ciò che poteva essere l'America (in realtà solo gli Stati Uniti) per un italiano degli anni '30. Come risolvere il problema del sovraffollamento da rom? I centri di recupero stanno esplodendo, sempre più cittadini esasperati non tollerano gli immigrati posti lungo i lati delle strade per lavare i vetri delle automobili, i furti in pieno giorno nei quartieri altolocati e la continua presenza di commercianti abusivi anche nelle principali piazze della città, a volte anche mescolati con i regolari. Tutto questo sfocia inevitabilmente nel razzismo, in quello stesso razzismo che ha pervaso i tedeschi durante il secondo conflitto mondiale nei confronti degli ebrei, ma per altri motivi. Stavolta, le vittime (e scelgono loro di esserlo) del nuovo razzismo da XXI secolo sono i gipsy. Con "gipsy" s'intende indicare gli zingari, i rifugiati politici, o semplicemente emigrati senza permesso di soggiorno in terra straniera, o più precisamente non appartenenti alla Comunità Europea. Il ministro Maroni disse già nel 2010 che occorreva «investire e dotare le aree urbane interessate da forti flussi migratori degli strumenti necessari per garantire il rispetto delle regole» e che era doveroso giungere «al riconoscimento del valore della diversità», eppure perché l'Italia, (spulciando un po' di documenti storici) sempre nello stesso anno, non  mosse un dito di fronte all'espulsione di oltre 10.000 rom dalla Francia? Se n'è parlato pochissimo nei giornali, nei blog e nei siti d'informazione, ma pochi sanno che il governo francese pagò 300 euro (biglietto aereo incluso), più 100 extra per qualunque rom che avesse un bambino a carico, ogni individuo extraeuropeo affinché adempisse alle regole del "programma di rimpatrio" messo in atto dalla polizia francese.
Nel 2010 più di cinquecento aerei sono decollati da Parigi e Lione con a bordo extracomunitari pagati dal governo per essere "espulsi" dal territorio francese.
Un sondaggio dell'istituto Csa, condotto tra il 24 e il 25 agosto 2010 e pubblicato dal quotidiano Le Parisien, ha rilevato che il 48% degli intervistati appoggi la condotta di Sarkozy, contro soltanto il 52% dei contrari.
Pare che in due anni i numeri non siano cambiati.
Molti cittadini europei di altri Paesi (Stati nei quali, al contrario dell'Italia, se n'è parlato) si sono reputati indignati nell'osservare il comportamento dei francesi contro le comunità straniere divenute nella Francia della Rivoluzione francese "nemico pubblico" e hanno considerato l'espulsione dei gipsy una vera e propria «regressione culturale
La Chiesa, al suo tempo, espresse dure critiche. Se ne fece portavoce (almeno per i francesi, perché il Vaticano non disse nulla) l'arcivescovo di Parigi André Vingt-Trois, che si pronunciò asserendo: «la repressione, in particolare contro i rom, anche se legale, ha creato un "clima insano".»
Critiche a parte, la notizia più sconcertante è che molti sfollati riuscirono a tornare nel Paese delle crepès con gli stessi soldi che aveva dato loro il governo ed il problema, dunque, si ripresentò. In Italia, in Sicilia, a Catania, molti sostengono che la Guardia Costiera dovrebbe essere più severa nei confronti di chi tenta a valicare la frontiera e sono ancora di più coloro che vorrebbero adottare drastiche misure come quelle mostrate nel 2010 dai cugini francesi; ma è proprio guardando al fallimento della Francia nel tentativo di risolvere le proprie difficoltà con la forza che va trovata un'altra soluzione al problema dell'immigrazione in Europa.


Alberto Molino 

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